
Che cos’è l’ansia?
Per Ansia s’intende “l’anticipazione apprensiva di un pericolo o di un evento negativo futuri, accompagnata da sentimenti di disforia o da sintomi fisici di tensione”.
Ansia di stato: stato transitorio emozionale o condizione dell’organismo umano caratterizzata da sentimenti soggettivi percepiti a livello cosciente di tensione e apprensione e dall’aumentata attività del sistema nervoso autonomo. Può variare nel tempo e fluttuare nel tempo.
Ansia di tratto: si riferisce a differenze individuali relativamente stabili nella disposizione verso l’ansia, cioè a differenze tra le persone nella tendenza a rispondere con elevazioni dell’intensità dell’ansia di stato a situazioni percepite come minacciose.
Che cos’è la paura?
Il termine paura è utilizzato a volte per indicare un’emozione, altre volte per indicare un oggetto o una situazione che può indurre paura. Facciamo riferimento a due concetti diversi.
Reazione emotiva è una risposta complessa che include:
- uno stato di attivazione fisiologica che interessa il sistema nervoso autonomo ed il sistema neuroendocrino;
- manifestazioni comportamentali specifiche, come il freezing (congelamento), reazioni di fuga e di evitamento, interferenza e scadimento nelle capacità e nelle prestazioni dell’individuo;
- un resoconto verbale di uno stato soggettivo di tensione e apprensione.
La sovrapposizione con il costrutto di ansia è dunque fortissima.
Oggetti o situazioni che determinano la paura: questa proprietà non è però insita nell’oggetto o nella situazione, ma emerge ed esiste solo nell’interazione di uno stimolo dato con un individuo dato. Fa parte delle caratteristiche stabili della persona.
Il fenomeno dell’incubazione dell’ansia
Vi sono casi in cui la paura e l’ansia del soggetto crescono non dalla sua esposizione con stimoli ansiogeni ma senza che ciò avvenga direttamente. Con il trascorrere del tempo, pur in assenza di un diretto contatto dell’individuo con le situazioni temute, si assiste ad un aumento degli indici della paura, fenomeno che viene definito incubazione dell’ansia.
È stato osservato che all’interno di condizioni ben determinate, la paura aumenta in base non a eventi effettivamente traumatici subiti dal soggetto, ma in base alla semplice presentazione ripetuta di stimoli che a tali eventi sono connessi.
I disturbi d’ansia non si limitano alla manifestazione del pericolo, ma possono essere compresi soltanto introducendo la percezione soggettiva dell’individuo riguardo alla propria vulnerabilità e mancanza di controllo.
Rimuginio e rimuginio patologico
Il costrutto dell’ansia fa riferimento ad aspetti connessi ad un’attività di tipo cognitivo operata consapevolmente dall’individuo (anticipazione, apprensione, preoccupazione- worry), quanto ad aspetti di natura emozionale e di attivazione psicofisiologica.
La traduzione italiana più ovvia e letterale del termine worry sarebbe “preoccupazione”, ma la traduzione migliore e tecnicamente più appropriata è “rimuginio”. Il termine rimuginio sembra più adatto a riferirsi ad un fenomeno in cui vi è:
- una forte predominanza del pensiero verbale negativo;
- si assiste ad una vera e propria strategia di evitamento cognitivo;
- avviene una inibizione della processazione emotiva, con una conseguente persistenza delle emozioni sgradevoli ed una disarmante mancanza di modulazione e di dettaglio relativa ai contenuti rimuginativi.
Il termine worry, tuttavia, non si riferisce in sé esclusivamente a qualcosa di patologico, ma può indicare anche un fenomeno del tutto normale del quale tutti hanno esperienza.
Alla pari della paura, il fenomeno worry è originariamente un processo adattivo associato alla funzione di sopravvivenza connessa alla paura: ha l’effetto di mantenere alti livelli di vigilanza in vista di un possibile danno, richiama e concentra l’attenzione sul problema, spinge a trovare soluzioni. Apparentemente sembra placare in qualche misura la paura e l’ansia.
Il worry che diventa patologico è invece un’esperienza indesiderata per la sua natura incontrollabile. Ad un certo punto diviene incontrollabile, o la persona teme che sia incontrollabile e l’interessato non prova più ad arrestare tale processo: per molti diventi un’abitudine, uno stile di vita. È un fenomeno sterile ed a volte dannoso, perché interferisce con le altre attività cui il soggetto vorrebbe prestare attenzione e può ritardare ed interferire con il fronteggiamento efficace dei problemi.
Quando e come il worry diventa patologico?
Le sue forme croniche e gravi si svilupperebbero in persone che percepiscono sostanzialmente il mondo come un posto pieno di pericoli e temono di non avere in sé le capacità per far fronte agli eventi che il futuro potrebbe avere in serbo per loro. Il perché dello sviluppo di queste convinzioni di base dovrebbe essere rintracciabile nella storia personale e soprattutto nella storia evolutiva degli interessati.
Disturbi d’ansia
La categoria dei disturbi d’ansia comprende una varietà di disturbi piuttosto diversi tra loro. I disturbi d’ansia sono senza dubbio tra i disturbi psicologici più diffusi.
Disturbo d’ansia generalizzato
Ansia e preoccupazioni croniche ed eccessive sono considerate l’aspetto centrale del disturbo d’ansia generalizzato. Si parla di “generalizzazione” perché ansia e preoccupazioni riguardano un vasto numero di eventi e di attività, che vengono elaborati come potenzialmente pericolosi, piuttosto che un numero limitato di situazioni specifiche.
Quando diventa un “disturbo”?
- L’ansia, la preoccupazione o i sintomi fisici causano disagio clinicamente significativo o menomazione del funzionamento sociale, lavorativo o in altre aree importanti;
- l’ansia o la preoccupazione si manifestano per la maggior parte dei giorni per almeno 6 mesi;
- la persona ha difficoltà nel “controllare” la preoccupazione;
- sono presenti per la maggior parte dei giorni almeno 3 dei sintomi psicofisiologici seguenti: irrequietezza, facile affaticabilità, difficoltà a concentrarsi o vuoti di memoria, irritabilità, tensione muscolare, alterazione del sonno.
Il rimuginio è una delle caratteristiche salienti del disturbo d’ansia generalizzato.
Disturbo post-traumatico da stress
Che cos’è il trauma?
Il trauma rende le persone bisognose di aiuto, corrode l’autostima e queste persone non si sentono più sicure, né in grado di gestire il mondo e se stessi. Il compito terapeutico è, per quanto possibile, restaurare il senso di potere personale del paziente. Non si può rimuovere il trauma ma solo affrontarne le conseguenze. Impresa difficile soprattutto nei casi di sopravissuti ad abusi familiari, rifugiati, prigionieri di guerra, veterani di combattimenti ed altri che sono stati soggetti a traumi severi e prolungati. Nel momento del trauma la persona perde importanti abilità psicologiche:
- decifrare adeguatamente la relazione luogo-tempo (di solito si percepisce distaccato da se stesso, dai propri vissuti o invaso da continui sensazioni di presente angoscioso)
- modulare e temperare emozioni forti, con la connessa abilità di calmarsi e di confortare se stesso
- rimanere vicino agli altri
- perseguire obiettivi, di vedere futuro
- mantenere una percezione di identità positiva
Nel campo psichico e mentale la definizione di trauma si riferisce alla ferita delle emozioni, dello spirito, della volontà di vivere, del credo in se stessi e nel mondo, della propria dignità, del proprio senso di sicurezza. L’assalto alla psiche dell’individuo è talmente grande che il normale modo di pensare e di sentire, come l’usuale modo dell’individuo di gestire lo stress diventa inadeguato.
Nel momento del trauma il soggetto è un oggetto, una cosa, sotto una volontà e sotto un potere più grande di se stesso. Se “ l’assaltatore “ è una forza naturale, la catastrofe ha ancora criteri da incidente del destino, ma se “ l’assaltatore ” è un essere umano, si perde la fiducia nella specie umana, nella società, si perde il senso di sé, della protezione, della logica prevedibilità della vita e di tutti i suoi elementi. Ininfluenti dalla durata e dalla severità, tutti i traumi sono accompagnati dal senso di essere in trappola, dall’idea che tutte le vie d’uscita sono estremamente pericolose (sia moralmente, che economicamente) ed in tutti gli altri sensi (morte sicura, stigmatizzazione psichiatrica, devastazione emotiva, conflitti irrisolvibili).
Sono frequenti sogni o incubi aventi contenuto del trauma e l’individuo può urlare, sbattersi o dare calci. Al risveglio può o non ricordare il sogno, ma le emozioni di terrore e paura, vissuti nel sogno persistono anche da svegli per un certo lasso del tempo.
Un sintomo secondario può essere l’insonnia, difficoltà ad addormentarsi o il perdurare del sonno, tutto accompagnato da una vaga ansia, paure indefinibili ed irritabilità generalizzata. Abuso di alcool e di droghe possono influire sul sonno, e l’insonnia risulta connessa all’aumento dell’attivazione dei parametri psicofisiologici. La reattività psicofisiologica è una forma di rivivere il trauma e può includere sintomi come:
- sudorazione
- tachicardia
- nausea
- vertigini
- bocca asciutta
- vampate
- brividi di freddo
- minzione frequente
- difficoltà ad inghiottire
- diarrea o altri problemi addominali.
Cos’è un Flashback?
Durante un Flashback l’individuo non perde coscienza ma lascia temporaneamente il presente e rivive la situazione originale del trauma. Può vedere il trauma, sentire gli odori del momento o sentire gli stessi rumori. Le reazioni comportamentali possono o no, essere le stesse come nell’evento traumatico. Un Flashback può durare da pochi secondi a diverse ore. Esistono diverse forme di rivivere il trauma. La persona può sperimentare irritabilità, rabbia, stati di aggressività, attacchi di panico o pena psichica intensa, senza cosciente relazione a contenuti o ricordi dell’evento traumatico. Questa tensione inspiegabile fa sentire l’individuo in continuo stato di allerta con la conseguente paura di perdere il controllo di se stesso. Rivivere il trauma può essere ciclico o sporadico. Si può essere liberi da sintomi per tante settimane o mesi ma iniziare poi ad averli nell’anniversario dell’evento. Altri induttori possono essere:
- una perdita recente di una persona cara
- altri eventi stressanti della vita attuale
- cambiamenti nella routine, anche positivi come la nascita di un figlio o matrimonio
- stimoli insignificanti dell’ambiente che ricordano aspetti situazionali o personali dell’evento
L’impatto del rivivere è inevitabilmente forte e viene vissuto come pura agonia, quindi l’individuo è sbattuto tra uno stato di ipervigilanza seguito da un esausto intontimento. Questa sintomatologia può, in buona parte dei casi risolversi favorevolmente in breve tempo (nello spazio di alcune settimane). In una parte dei casi invece, il decorso è meno favorevole.
Quando diventa un “disturbo”?
Quando la sintomatologia interferisce con la possibilità dell’individuo di mobilitare le difese personali, di riferire ai familiari l’esperienza traumatica, di ottenere l’assistenza e l’aiuto necessario, può compromettere la capacità dell’individuo di eseguire compiti fondamentali, può causare disagio clinicamente significativo e menomazione del funzionamento sociale, lavorativo o di atre aree importanti. In questi casi si parla di disturbo acuto da stress nelle quattro settimane successive al trauma e, ove il disturbo persista oltre un mese, di disturbo post traumatico da stress.
Attacco di panico
E’ un periodo ben delimitato di intensa apprensione, paura o terrore durante il quale possono essere avvertiti i seguenti sintomi:
- palpitazioni o tachicardia
- sudorazione
- tremori
- dispnea o sensazione di soffocamento
- sensazione di asfissia
- dolore al petto
- nausea o disturbi addominali
- sensazioni di sbandamento, instabilità o svenimento
- derealizzazione o depersonalizzazione
- paura di perdere il controllo o impazzire
- paura di morire
- perestesie (sensazioni di torpore o di formicolio)
- brividi o vampate di calore
Gli attacchi di panico di solito durano alcuni minuti, a volte 10-20 minuti. La sintomatologia, nel corso dell’attacco, regredisce spontaneamente in breve tempo.
Disturbo di panico
Il Disturbo di Panico è dato da esperienze di attacchi di panico inaspettati e ricorrenti, cui fanno seguito, per un periodo non inferiore ad un mese, persistenti preoccupazioni di poter avere nuovi attacchi e significative alterazioni del proprio comportamento in rapporto a detta preoccupazione.
Agorafobia
Per Agorafobia s’intende l’ansia relativa al trovarsi in luoghi o situazioni da dove sia difficile (o imbarazzante) allontanarsi, oppure dove sia difficile o impossibile ricevere aiuto nel caso in cui si verifichino sintomi di un attacco di panico. Sono due le componenti dell’agorafobia: ansia che viene esperita e le condotte di evitamento.
Fobia specifica
Una fobia specifica è rappresentata da una paura marcata, persistente, irragionevole o sproporzionata per stimoli precisi o situazioni circoscritte e chiaramente discernibili.
Fobia sociale
La Fobia Sociale è caratterizzata da una paura marcata e persistente relativa ad una o più situazioni sociali o “prestazionali” (situazioni cioè dove è richiesta una prestazione che possa implicare una valutazione o una critica da parte altrui, per esempio un esame oppure parlare in pubblico). La persona teme di agire e comportarsi in modo inadeguato in presenza di persone non familiari, di mostrare manifestazioni d’ansia, di provare imbarazzo, vergogna, umiliazione, di essere criticata e giudicata negativamente. Conseguentemente le situazioni sociali e prestazionali sono evitate; nei casi meno gravi, sono tollerate con grande fatica e sofferenza.