INTERVENTO PSICOLOGICO NELL’ ENDOMETRIOSI

COS’E’ L’ENDOMETRIOSI?

Con il termine endometriosi si intende la presenza di mucosa endometriale (tessuto che normalmente si trova solo all’interno della cavità uterina) al di fuori dell’utero (in sede extrauterina), per esempio sulle ovaie o su altre strutture pelviche e addominali. L’endometriosi è una patologia benigna e colpisce il 10% delle donne in età fertile. La diagnosi viene effettuata frequentemente tra i 25 ei 34 anni, nonostante la malattia possa iniziare molto più precocemente.

Si stima, inoltre, che, approssimativamente, siano affette da endometriosi 16 milioni di donne in Europa e 5,5 milioni negli USA.

Una delle teorie più accreditate è che l’endometriosi insorga a causa di un reflusso trans-tubarico di cellule endometriali vitali durante la mestruazione: “mestruazione retrograda”. Altre teorie sostengono che la malattia possa derivare da una modificazione del tessuto di rivestimento della pelvi o da una disseminazione di tipo metastatico delle cellule endometriali per via linfatica o ematica. È inoltre prevista una predisposizione genetica allo sviluppo dell’endometriosi o una alterazione del sistema immunitario, che permette, in alcune donne l’impianto delle suddette cellule e lo impedisca in altre.

QUALI SONO I SINTOMI?

I sintomi tipici della malattia sono: dolore pelvico, particolarmente in fase peri-mestruale; mestruazioni dolorose; dolore durante i rapporti sessuali, accentuati nel periodo pre e post mestruale; irregolarita’ dei cicli mestruali con perdite ematiche anomale dai genitali; dolore alla defecazione; sterilità. L’intensità del dolore ed il perdurare dei sintomi dell’endometriosi possono portare ad una profonda debilitazione e all’infertilità, con un notevole impatto sulla qualità di vita.

DIAGNOSI E TRATTAMENTO

L’endometriosi può essere diagnostica grazie a:

  • un’anamnesi accurata della paziente – è sempre utile chiedere alla donna, in particolare se con problemi di infertilità, se manifesta uno dei sintomi che possono essere riferiti alla presenza di endometriosi (dolore pelvico cronico o ciclico, senso di peso, dolori mestruali in peggioramento, dolore in profondità durante i rapporti sessuali, dolori durante la defecazione);
  • una visita ginecologica – può rilevare particolare fissità degli organi pelvici, che devono far sospettare la presenza di endometriosi;
  • Ecografia transvaginale/transrettale e transaddominale – possono visualizzare le formazioni cistiche endometriosiche a carico delle ovaie, dell’utero, del setto retto vaginale e degli altri organi addominali e pelvici;
  • Rettosigmoidocscopia e Clisma opaco – in casi particolari di interessamento endometriosico intestinale;
  • RM Addomino-Pelvica con MDC (risonanza magnetica addomino-pelvica con mezzo di contrasto), talvolta estesa anche all’addome superiore – in casi selezionati e per quesiti particolari o per endometriosi che interessi organi non ginecologici (uretere, intestino, localizzazioni extrapelviche della patologia).

Attualmente, però, una diagnosi definitiva e una accurata valutazione dello stadio di evoluzione e di diffusione (stadiazione) è possibile solo con la Chirurgia (es. Laparoscopia), idealmente combinata con la conferma istologica.

Il trattamento di prima scelta per l’endometriosi è quello chiururgico: la Laparoscopia (piccoli fori, con accesso chirurgico mini-invasivo, nella parete addomino-pelvica) è applicabile alla maggior parte delle pazienti, mentre la Laparotomia (incisione, con accesso chirurgico tradizionale, nella parete addomino-pelvica) è riservata ai casi più severi, con esteso coinvolgimento retto vaginale, vescicale, ureterale o intestinale.

IL RUOLO DELLE EMOZIONI

L’endometriosi assume una sintomatologia ampia e complessa, sia da un punto di vista organico che psichico. Pensiamo al fatto che ci sono vari livelli di gravità e che e che la diagnosi arriva dopo anni di sofferenza. È una malattia che va a toccare le relazioni familiari, quelle più intime con il partner partner, la situazione lavorativa e le relazioni amicali.
Sono donne che possono non arrivare ad una gravidanza, con tutto quello che ne consegue.
In questo ambiente le emozioni hanno modo di muoversi e riempire ogni spazio.
Tutto quello che ruota attorno alla donna con endometriosi crea forti emozioni e queste emozioni perturbano la persona e minano l’equilibrio adattivo. Il lavoro che fa il terapeuta è ricostruire un equilibrio e riorganizzare le categorie emotive che risultano critiche per la persona.
Per questo motivo, è fondamentale proporre un servizio di consulenza e sostegno psicologico all’interno di un ambulatorio di endomentriosi o è comunque importante che sia presente la figura di uno psicologo in tutte le fasi della malattia.

Reazioni in fase diagnostica:

  • Sollievo e Shock
  • Rabbia
  • Tristezza/Depressione
  • Chiusura sociale/Isolamento
  • Adattamento
  • Accettazione

Aiuto psicologico in fase di cura:

  • Aumentare la compliance alla terapia
  • Motivare a intraprendere percorsi più sani di vita
  • Implementare strategie per migliorare la qualità di vita
  • Aiutare la paziente a comprendere la dinamica dolore/umore
  • Sviluppare strategie adattive per far fronte allo stress
  • Fronteggiare eventuali difficoltà emotive personali sessuali e di coppia che possono sopraggiungere

Aiuto psicologico in fase pre-operatoria:

  • l’evento in sé comporta un vissuto di emozioni quali ansia, stress, paura preoccupazione
  • l’ansia pre-operatoria può essere somatizzata attraverso sintomi fisici di tachicardia, maggiore irritabilità, disturbi del sonno, pensieri negativi intrusivi

Aiuto psicologico in fase post-operatoria:

La consulenza è necessaria per rielaborare l’intervento chirurgico a livello emotivo, per accogliere i cambiamenti, per sostenere il processo di guarigione, le speranze e, a volte, la delusione.

In conclusione, in ogni fase della malattia, avere uno spazio di ascolto e contenimento, supporto può fare la differenza.

DOLORE E SOFFERENZA

L’esperienza del dolore è variabile da soggetto a soggetto e nella stessa persona nel tempo; questa variabile non è solo funzione della patologia esistente, della sede, del tipo e dell’importanza del danno, ma anche, ed a volte prevalentemente, funzione di quei fattori psicologici che la correlazione dolore – lesione comporta.
Il comportamento da dolore, in particolare sembra modellato e mantenuto da rinforzi come l’attenzione e la comprensione degli altri. L’assunzione del ruolo di malato e lamentarsi per dolore sono modi di fronteggiare lo stress e di ricercare l’attenzione e l’aiuto altrui, e spesso accade che le persone utilizzino inconsapevolmente il dolore per un tale fine (vantaggio secondario).
Il dolore acuto è un dolore che assolve ad una funzione. E’ vitale per la nostra esistenza e ci guida aiutandoci ad assumere comportamenti che ci proteggano. Il dolore colpisce i centri emozionali del cervello, quelli dell’attenzione, le aree deputate al movimento, alla memoria, alle scelte e molte altre. Tutte queste regioni del cervello rivestono un ruolo importante nella nostra protezione in occasione del dolore acuto. Intervenire adeguatamente sul dolore acuto, evita che il dolore si cronicizzi.
Dolore cronico: la cronicità del dolore non deve essere considerata esclusivamente come un’estensione temporale del dolore acuto, bensì come una risposta da maladattamento nella quale si instaurano delle modificazioni dei meccanismi neurofisiologici della percezione, elaborazione e trasmissione degli stimoli dolorosi alla base di un circolo vizioso che si autoalimenta.
Il dolore non è una semplice risposta passiva a stimoli sensoriali, ma è in gran parte costruito attivamente dal cervello; in sostanza, mentre l’input sensoriale proveniente dal corpo è importante, l’esperienza soggettiva del dolore dipende moltissimo da come il cervello interpreta dell’input.
Il dolore non è dolore finché non lo dice il cervello!

EMOZIONI E DOLORE

Emozioni e dolore sono inevitabilmente collegati. Le emozioni possono aumentare o diminuire enormemente la percezione del dolore. Ad esempio la paura aumenta la percezione del dolore mentre avere una sensazione di controllo la diminuisce.

  • Dolore e rabbia: la rabbia è un’emozione che riveste un ruolo fondamentale nella percezione del dolore cronico. In generale, le persone con dolore cronico tendono a negare, a reprimere la loro ostilità e questo, da un punto di vista psicofisiologico, si trasforma in un aumento della tensione muscolare che non viene rilasciata, che può portare allo sviluppo di un dolore fisico.
  • Dolore e depressione:
    – il dolore come causa della depressione (depressione secondaria), in questo caso la depressione è una reazione al dolore; il dolore attiverebbe una vulnerabilità alla depressione che consiste in schemi negativi e nella triade cognitiva, ossia pensieri negativi su se stessi, il mondo e il futuro;
    – la depressione come fattore di rischio del dolore (depressione primaria), la depressione aumenta la sensibilità al dolore e abbassa la soglia di tolleranza.
  • Dolore e ansia: il collegamento tra ansia e dolore è costituito dal sistema nervoso simpatico, la cui stimolazione abbassa la soglia del dolore e aumenta l’attività spontanea dei nocicettori. Può innescarsi un circolo vizioso “dolore-ansia-tensione-aggravamento del dolore”, ma anche l’aspettativa del dolore può influenzare la percezione del dolore nel momento in cui esso si verifica.
  • Dolore e aspettativa: uno studio ci dice che quando le persone non sanno cosa aspettarsi e uno stimolo precedente è stato doloroso, il cervello risponderà risponderà allo stimolo successivo come se lo fosse. Quindi l’esperienza del dolore non è un evento singolo, ma influenza la percezione e l’interpretazione di eventi futuri.
  • Dolore e stress: lo stress è una componente ad azione multilivello (psicologica e biologica) legata alla situazione di malattia e cura, che ha profonde interazioni con il dolore. Una situazione di stress prolungato porta ad un aumento della sensibilità al dolore in gran parte dovuta a meccanismi come la modificazione del Sistema Nervoso Centrale.
  • Dolore e paura: la paura può giocare un ruolo enorme nell’esperienza del dolore . La paura ha una duplice valenza: intensifica l’esperienza emotiva delle sensazioni che accompagnano il dolore e partecipa all’aspetto dei “danni potenziali”.
  • Dolore e attenzione: l’attenzione può servire ad aumentare o diminuire il dolore, in base a come viene utilizzata. L’attenzione non è qualcosa che si subisce passivamente, ma siamo noi a doverla guidare.

LO PSICOLOGO PUO’ INTERVENIRE SU:

  • L’aspettativa del dolore attraverso la desensibilizzazione
  • La memoria del dolore attraverso l’utilizzo dell’EMDR
  • Le dimensioni, cognitive e comportamentali del dolore attraverso la desensibilizzazione e psicoterapia
  • Il controllo del dolore, che può essere trattato con ipnosi, tecniche di rilassamento associate alle fantasie guidate o, meglio ancora, al biofeedback e alla realtà virtuale.

“Il dolore è una cosa strana …
Ecco il dolore bang,
eccolo ti sta addosso. E’ reale …
Non c’è rimedio per il dolore,
a meno di conoscere qualcuno che
capisca come ti senti
e sappia cosa fare”

C. Bukowski [Donne]

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© 2016 - Dott. LISA BATTELLI Psicologa e Psicoterapeuta

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