Lo psicologo in ambito forense

L’attività dello Psicologo in ambito forense si esplica in tre settori fondamentali di intervento:

  • Penale
  • Civile
  • Minorile

Le vigenti normative che regolano l’attività professionale dell’esperto Psicologo in ambito giuridico si differenziano infatti notevolmente, innanzitutto, sulla base del fatto che si tratti di attività esperita in sede Penale o nell’ambito Civile.

Il compito dello psicologo in ambito forense

La correttezza delle procedure e la coerenza metodologica e deontologica sono, peraltro, requisiti che fanno parte dell’accertamento della verità in qualunque ambito di ricerca. Inoltre, proprio per essere più garantiti nel percorso verso l’accertamento della verità, è necessario sapere bene che cosa si vuole accertare. Occorre sempre in primo luogo, da parte del tecnico esperto, definire con la maggiore esattezza possibile il campo della propria realtà peritale, in particolare ponendo particolare attenzione alla necessità dell’individuazione di una precisa risposta allo specifico quesito postogli dal Giudice così come quest’ultimo glie l’ha testualmente formulato. In Psicologia, occorre comunque tenerlo sempre ben presente, il termine “Verità” ha un significato radicalmente diverso da quello che usualmente presenta nel contesto giudiziario, in cui in genere esso è riferito unicamente, o comunque primariamente, alla Verità dei fatti oggettivi. Il lavoro dello Psicologo in ambito Giuridico e Forense non può invece non tener conto, inevitabilmente, anche delle cosiddette “Verità soggettive”, e si rivolge pertanto maggiormente verso la ricerca, peraltro spesso assai complessa, di un eventuale possibile equilibrio tra le une e le altre. E’ importante che lo Psicologo che opera in ambito forense possieda le “conoscenze” indispensabili per essere un buon tecnico. Ma non meno importanti sono le “condizioni obiettive” necessarie affinché il suo mandato possa essere espletato nel migliore dei modi: egli deve perciò saperle riconoscere, valutare ed eventualmente, se necessario, modificare. E’ infatti diritto del cittadino ottenere una giusta sentenza che, per essere tale, può aver bisogno dell’apporto di una perizia o di una consulenza che deve perciò risultare il più possibile inattaccabile.

Ambiti di lavoro dello psicologo forense

Bisogna distinguere se l’attività dell’esperto si svolge in ambito penale oppure civile; occorre poi evidenziare se ad affidare il mandato al consulente è un Giudice oppure un altro Magistrato, oppure ancora un privato cittadino.

Nell’ambito penale, l’esperto incaricato dal Giudice è indicato come “perito”, e l’attività da questi svolta, racchiusa nelle pagine di una relazione, è indicata come “perizia”. Nell’ambito civile, l’esperto incaricato dal Giudice è indicato come “C.T.U.”, acronimo di “Consulente Tecnico d‘Ufficio”, e l’opera da questi svolta, che alla fine si concretizza con la sua relazione, è indicata come “C.T.U.”, acronimo questa volta di “Consulenza Tecnica d‘Ufficio”. Il ricorso alla consulenza tecnica è reso necessario dalla “insufficienza del Giudice”. La giurisprudenza, che qualifica la consulenza tecnica come mezzo istruttorio (Cass. 4 aprile 1989 n. 1620) e come strumento di valutazione di fatti già acquisiti altrimenti (Cass. 8 agosto 1989 n. 3647) – afferma inoltre che la consulenza può assurgere a fonte oggettiva di prova come strumento di accertamento e descrizione dei fatti oltre che della loro valutazione – (così ad es. La Cass. 10 aprile 1986 n. 2497, Cass. 24 marzo 1987 n. 2849).

Il Giudice, in ambito penale, nomina il perito, con un’ordinanza che viene notificata. Successivamente alla notifica il perito nominato viene convocato in tribunale alla presenza degli avvocati di parte e viene informato relativamente all’intervento che gli è richiesto, rispetto al quale dovrà presentare la perizia entro un termine prestabilito che non può essere superiore ai 90 giorni. Le parti hanno, a loro volta, la possibilità di nominare propri consulenti. Il Consulente Tecnico nominato dal Pubblico Ministero, in ambito penale, è quindi definito “Consulente Tecnico del Pubblico Ministero” (C.T./P.M.).

Analogamente, in ambito civile, il Giudice nomina il C.T.U. con un’ordinanza che viene notificata attraverso un ufficiale Giudiziario. Successivamente alla notifica il C.T.U. nominato viene convocato in tribunale alla presenza degli avvocati di parte e viene informato relativamente all’intervento che gli è richiesto, rispetto al quale dovrà presentare la perizia entro un termine prestabilito che varia dai 60 ai 90 giorni. Gli avvocati di parte hanno anche in questo caso, a loro volta, la possibilità di nominare ciascuno un Consulente Tecnico di Parte (C.T.P.).

Ove l’esperto sia stato incaricato dai legali direttamente nominati da una delle parti (nell’ambito civile, dal procuratore delle parti, attore o convenuto; nell’ambito penale, dal difensore dell’imputato o da altra parte), egli sarà quindi sempre indicato, sia in ambito civile che penale, come “C.T.P.”, (ossia “Consulente Tecnico di Parte”), e “Consulenza” sarà a sua volta definita l’attività che egli avrà svolto e successivamente racchiuso nella sua relazione finale.

“Perizia” è invece un vocabolo specificatamente riferito alla relazione finale prodotta dall’esperto nominato, in ambito esclusivamente penale, dal Giudice: è quindi a tale figura di esperto che, propriamente, va riservata in ambito forense la definizione di “Perito”.

La consulenza tecnica e la perizia, in sintesi, rappresentano alcune delle possibili fonti di convincimento del Giudice. Sia nell’ambito civile che in quello penale il Giudice può quindi richiedere l’intervento di un esperto che, attraverso le sue specifiche competenze tecniche, scientifiche o artistiche, consenta al Giudice medesimo di acquisire elementi idonei al raggiungimento della verità.

L’esperto scelto dal Giudice

Il Giudice, proprio per il ruolo che ricopre, è per antonomasia il “peritus peritorum”. Poiché però, a volte, le sue competenze tecniche non gli consentono di portare avanti una specifica indagine sul quesito da egli stesso formulato, è tenuto a nominare, per tale compito, un esperto. L’esperto prescelto dovrebbe essere iscritto, come norma generale, all’albo appartenente al distretto dell’ufficio competente; solo al Giudice, quindi, compete di scegliere il proprio consulente ed alla coscienza di quest’ultimo di accettare incarichi compatibili con le proprie capacità. Fatta eccezione per l’incarico affidato nel corso del dibattimento, nel qual caso la risposta del perito può essere fornita oralmente, l’esperto incaricato dal Giudice depositerà, in esito alle operazioni svolte, una relazione scritta. Tale relazione dovrà ritenersi vincolata alla risposta da dare al quesito posto dal Giudice. Allorché il consulente di parte esprima giudizi che siano diversi da quelli del perito d’ufficio, il Giudice potrà anche disattenderli, purché ne dia motivazione nella sentenza.

Linee Guida Deontologiche per lo Psicologo Forense

Nel nostro Paese, inoltre, un utilissimo strumento a disposizione degli Psicologi che esercitano la loro attività nell’ambito della Psicologia Giuridica è rappresentato dalle cosiddette “Linee Guida Deontologiche per lo Psicologo Forense”, approvate dal Consiglio Direttivo dell’Associazione Italiana di Psicologia Giuridica a Roma il 17 gennaio 1999 e dall’Assemblea dell’Associazione Italiana di Psicologia Giuridica a Torino il 15 ottobre 1999. Tali disposizioni non sono sostitutive del Codice Deontologico degli Psicologi Italiani, in quanto ogni Psicologo è tenuto ad osservare le norme in questo contenute indipendentemente dalla propria specializzazione professionale. Esse consistono invece in “linee guida” cui attenersi specificatamente nell’esercizio dell’attività psicologica in ambito forense, e contengono importanti indicazioni relative all’attività dello Psicologo in ogni ambito giuridico.

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© 2016 - Dott. LISA BATTELLI Psicologa e Psicoterapeuta

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